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Che cos’è l’arte.
La cosa che più mi sorprende è che tanta gente abbia la pretesa di «capire» l'arte. Mi chiedo: ha senso voler «capire» il canto degli uccelli? Ha senso voler penetrare il mistero della notte, dei fiori, delle cose belle che ci circondano e che amiamo? Eppure, quando viene il momento dell'arte, la gente chiede di «capire», Perché?.
Io credo che l'unica cosa che la gente deve capire è che l'artista crea perché deve creare, perché possiede la sua arte. L’artista è soltanto una piccola, piccolissima parte dell'universo e non merita di ricevere più attenzione di tutti gli altri elementi che compongono l'universo e che, come l'opera d'arte, ci danno gioia, consolazione, emozione, paura.
Io non chiedo a chi guarda le mie opere che una cosa: provare un'emozione vicina a quella che mi ha spinto a creare quell'opera.
Figure sulla spiaggia
P.Picasso |
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I Tre Musicanti
P.Picasso
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La Guernica
P.Picasso |
Ogni quadro mi arriva da lontane e segrete radici e non posso pretendere che chi poi Io osserva ritrovi le vie tortuose di quel lungo viaggio che, del resto, è oscuro anche per me. Ma posso chiedergli di rivivere i miei sogni e le mie emozioni, emerse da spazi misteriosi e giunte ad assumere forma nel quadro sulla misura d'ogni uomo del nostro tempo.
Se io stesso non sono in grado di «capire» tutti i significati dei miei quadri, come può chi li guarda gridare il suo diritto a svelare ciò che io stesso soltanto confusamente intuisco? È il momento finale che è chiaro. E questo può essere «letto». Ciò, però, non significa «capire». «Capire» vuol dire distendere sul piano bidimensionale della ragione «tutto» ciò che c'è ed è visibile e tutto ciò che c'è ma non è visibile e anzi nascosto e affondato. Una simile operazione non ha senso di fronte all'opera d'arte che esiste come sintesi e non accetta, se autentica, di essere analizzata.
Ad eccezione di pochi artisti che davvero hanno determinato e determinano delle rivoluzioni autentiche la maggior parte dei giovani pittori d'oggi non sembra saper bene quale strada percorrere, verso quale meta muovere. E allora si rivolgono al passato, magari simulando un violento impegno critico e rifanno esperienze altrui, solo mascherate di novità. Questi artisti commettono il medesimo errore di chi, osservatore di quadri, vuole «capire». Essi, cioè, «capiscono» e «capendo» rinunciano alla loro libertà, buttano via la possibilità oggi aperta a tutti di intervenire con nuove azioni e nuove idee. Soltanto rinunciando a «capire» e affidandosi all'emergere violento o sereno delle voci che l'artista sa raccogliere in se e fuori di se, rendendosene conto o no, si può fare dell'arte. Si può cioè aspirare a collocarsi come minuscolo frammento dell'universo.
Non voglio dire che in me non operi il passato. Dico, anzi, che è tutto il passato che opera in me. Ma opera come nel formarsi della notte e del giorno che sono sempre medesimi ma sempre rimangono misteriosi. L'errore è di cercar di «capire» questo passato. In tal caso esso ci è restituito sterile e morto.
Abbiamo oggi legioni di pittori che dipingono nello «stile di... ». Pochi che si presentano con la loro individualità. piccola o grande che sia. Ma non sono per questo pessimista. Come io non posso vivere senza l'arte ritengo che nessun uomo e nessuna epoca possano vivere senza l'arte. Quindi è stupido dire che «l'arte è morta».
Io amo l'arte come sola ragione della mia esistenza. Tutto ciò che ho fatto in comunione autentica con l'arte mi ha dato gioia e soddisfazione.
Ma, ripeto, non riesco a capacitarmi perché tanta gente non si ponga di fronte all'arte con la mia stessa innocente semplicità e la voglia a ogni costo analizzare, spiegare, inserire in
teorie. Davanti a un simile atteggiamento si può dire davvero che «l'arte è morta».
Pablo Picasso |